Milano, 27 novembre 2017 – Il genoma della cellula tumorale è instabile: si rompe continuamente, accumulando danni che la cellula stessa tenta tenacemente di riparare per sopravvivere e proliferare. Individuare strategie per impedire che in queste cellule il DNA si ripari è fondamentale per eliminarle e curare il cancro. Il gruppo di ricerca guidato da Fabrizio d'Adda di Fagagna, ricercatore di IFOM di Milano e dell'IGM del CNR di Pavia, aveva già dimostrato nel 2012 sulle pagine di Nature il ruolo cruciale di alcuni RNA non codificanti, piccole molecole regolatorie trascritte dal DNA e non usate per sintetizzare proteine. Come guardiani, questi RNA intervengono ogni volta che si genera un danno al DNA e fanno scattare l'allarme a tutela dell'integrità del genoma. Le ricerche sulla formazione e sulla funzione di questi RNA non codificanti hanno oggi portato – con i risultati pubblicati su Nature Cell Biology – a una comprensione più approfondita del meccanismo di segnalazione e di riparazione del DNA danneggiato e, quindi, allo sviluppo di soluzioni innovative per impedire questi meccanismi.
Dagli approfondimenti condotti dai ricercatori in cellule umane e murine è emerso uno scenario finora inedito, che potrebbe in futuro portare a soluzioni terapeutiche efficaci e concrete. “Finora – spiega d'Adda di Fagagna – si riteneva che nel meccanismo di riparazione del DNA nella cellula tumorale fossero coinvolte esclusivamente proteine – ATM, ATR, PARP tra le più note. Gli approcci terapeutici in uso hanno come obiettivo tali fattori proteici e sono abbastanza efficaci, anche se inibiscono indiscriminatamente la riparazione del DNA in tutto il genoma con il rischio di effetti collaterali dannosi. Grazie a tecnologie estremamente sofisticate, siamo riusciti a dimostrare che l'efficacia della segnalazione del danno e della sua riparazione è strettamente dipendente da questi RNA non codificanti, generati a partire da ogni lesione del genoma danneggiato e, pertanto, specifici per ciascuna lesione. La nostra sfida è stata ideare un approccio terapeutico "illuminato", che colpisca non le proteine che agiscono in maniera generalizzata, ma gli RNA accumulati sulle singole lesioni. In questo modo si impedisce la segnalazione e la riparazione del DNA danneggiato in punti precisi all'interno della "mappa" del genoma: la cellula tumorale resta danneggiata e di conseguenza non può più sopravvivere e proliferare”.
I ricercatori di IFOM hanno quindi sviluppato una classe innovativa di molecole dette "antisenso". "Si tratta – racconta Flavia Michelini, prima autrice dello studio – di oligonucleotidi che hanno l’abilità straordinaria di legare una sequenza di RNA complementare agli RNA che abbiamo identificato e di inibirne in maniera specifica la capacità di riparare il genoma. In questo modo le molecole antisenso impediscono la segnalazione e la riparazione di specifiche lesioni del DNA, senza interferire con questi processi cellulari laddove non si desidera". Un approccio estremamente sofisticato, assimilabile ai principi della domotica: il nucleo della cellula è trattato come una casa intelligente, in cui è possibile selezionare e spegnere selettivamente ogni singolo interruttore nelle diverse stanze. In modo analogo, la molecola antisenso è in grado di spegnere singoli interruttori coinvolti nella riparazione del danno al genoma in punti precisi, senza interferire altrove. "Le molecole antisenso – sottolinea d'Adda di Fagagna – costituiscono la base di una categoria emergente di farmaci, estremamente innovativa per personalizzare la terapia, paziente per paziente e tumore per tumore, e aprire la strada a una futura medicina più precisa e meno tossica".
Il prossimo passo? "In questo momento – conclude il ricercatore – stiamo studiando la biologia molecolare e cellulare di questi meccanismi, ma stiamo anche cercando di individuare quelle classi di tumori che accumulano preferenzialmente danni in alcuni punti del genoma, in modo da colpirli selettivamente. Nell'esplorazione di specifiche applicazioni terapeutiche sarà strategico il supporto di BiovelocITA, il primo acceleratore italiano dedicato al settore biotech".
Questa ricerca non sarebbe stata possibile senza il contributo in particolare della Commissione Europea (European Research Council advanced grant), di AIRC, del progetto EPIGEN e della collaborazione dei ricercatori dell'Università del Michigan e del Mechanobiology Institute di Singapore.