Le metastasi, principale causa di morte da tumore, seguono le stesse dinamiche di una folla in movimento all’interno di spazi angusti e la loro capacità di propagazione dipende dalla fluidità del movimento stesso. Uno studio italiano condotto dall'IFOM e dall'Università degli Studi di Milano e pubblicato in questi giorni su Nature Materials ha dimostrato, grazie all’integrazione tra biologia molecolare e fisica dei materiali, che la capacità o meno delle cellule di migrare collettivamente, e quindi delle cellule tumorali di generare metastasi, dipende strettamente dai fattori di densità e di fluidità. Si tratta di un’acquisizione fondamentale soprattutto per la metastatizzazione di tumori solidi e individuare la chiave per bloccare la “folla” cellulare potrebbe fornire la chiave per ridurne la diffusione nell’organismo agendo su specifici target terapeutici.
Impatto della proteina RAB5A sulla cinetica di gruppi multicellulari: nella figura di sinistra, aumentando la proliferazione cellulare, e quindi la densità, si va incontro a un arresto cinetico rapresenatto dalla riduzione del vettore di velocita e a una rigidità della transizione, mentre nella figura di destra, in cui RAB5A è più espresso, sono evidenti la maggiore scorrevolezza e il coordinamento della migrazione cellulare rappresentati dall’aumento del vettore velocita e dal colore uniforme delle mappe di allineamento del movimento.
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Milano, 1 febbraio 2017 - Si spostano in gruppo, secondo una modalità collettiva coordinata, come una folla che si accalca nell’angusto tunnel di una stazione di metropolitana nell’ora di punta e riesce a transitare in modo fluido solo se confluisce in un flusso di corrente compatto e ordinato. Analogamente, le cellule adottano la migrazione collettiva come strategia di movimento principale nella formazione dei tessuti durante lo sviluppo dell’embrione così come nell’organismo adulto, passando dallo stato liquido a solido e viceversa, a seconda dalla necessità. La transizione da uno stato fluido a solido è necessaria per sviluppare, ad esempio, la proprietà cellulare di barriera tra l'esterno e l’interno in un tessuto e, al contrario, acquisire uno stato fluido può permettere a un tessuto di rimodellarsi, come nel caso di riparazione delle ferite. Mentre diventando solido un tessuto diventa immobile e refrattario allo sviluppo di tumori, transitare allo stato fluido ne facilita la plasticità, che in situazioni patologiche può essere sfruttata per facilitarne la disseminazione come nella metastatizzazione dei tumori solidi, i più diffusi nell’essere umano. Pressoché tutti i tessuti epiteliali e i tumori solidi si spostano difatti in modo collettivo, ottenendo così maggiore efficacia nell’invadere l’organismo attraverso tessuti interstiziali e nell’ingenerare quindi tumori a distanza.
Le leggi che governano il movimento multicellulare e la transizione tra stato solido e liquido sono ancora scarsamente conosciute, così come lo sono le basi molecolari e biochimiche che le controllano. Uno studio pubblicato in questi giorni su Nature Materials a cura di Giorgio Scita, responsabile dell'unità di ricerca “Meccanismi di migrazione delle cellule tumorali” presso IFOM e professore all'Università degli Studi di Milano, e di Roberto Cerbino, professore di Fisica Applicata sempre nell’Ateneo milanese, ha segnato un passo avanti nella comprensione di questi meccanismi, grazie ad un approccio di ricerca integrato tra biologia e fisica dei materiali. “Nel corso degli ultimi anni – spiega Scita - è emerso come lo sviluppo di un tumore sia caratterizzato oltre che da alterazioni genetiche anche da complesse e dinamiche interazioni fisiche che le cellule tumorali stabiliscono tra di loro e con il tessuto circostante. Le forze che tengono unite le singole cellule per muoversi in modo coordinato, come le cellule comunicano tra di loro, come passano dallo stato solido a liquido e viceversa sono aspetti altrettanto importanti ma ancora oscuri, che stiamo cercando di chiarire grazie all’aiuto dei colleghi fisici.”
Impatto della proteina RAB5A sulla cinetica di gruppi multicellulari: Uno strato di cellule epiteliali solidifica ad alta densità e la velocità angolare qui rappresentata da mappe colorate diventa eterogena. Al contrario un tessuto diventato fluido in seguito all’espressione della proteina RAB5A (a destra) mostra flussi di movimento di cellule che si muovono tutti nella stessa direzione in modo coordinato. Tanto maggiore è la coordinazione intercellulare tanto più le cellule individuali si muoveranno nella stessa direzione angolare (alta correlazione angolare)
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Per comprendere le dinamiche comportamentali delle cellule all’interno di un tessuto epiteliale, il team di Cerbino lo ha trattato come fosse un materiale costituito da particelle inerti. “Ad una bassa densità – spiega Cerbino - le particelle si spostano inizialmente in modo disordinato e caotico, con una mobilita fluida, molto simile a quella delle molecole dell’acqua. Aumentando la densità il grado di libertà di ciascuna particella è limitata e il sistema va incontro an una transizione che in fisica è proprio di un liquido che diventa vetroso e solido a seguito di un raffreddamento repentino.”
Per interpretare il comportamento delle cellule, che inerti però non sono, i fisici dei materiali hanno utilizzato un modello bidimensionale in cui le cellule sono trattate come dei poligoni irregolari e in cui la loro interazione viene determinata dalla forma che adottano, a sua volta descritta da parametri semplici come il perimetro e l’area di ognuna. “Nel modello sviluppato – continua Cerbino - abbiamo integrato questa descrizione geometrica, con un meccanismo in grado di riprodurre la capacità che le cellule manifestano in particolari condizioni patologiche di migrare collettivamente, ovvero di orientare in modo coerente e su larga scala la direzione di movimento di ogni singola cellula rispetto alla propria vicina. Si tratta di un meccanismo di feedback del tutto simile a quello che spiega il moto collettivo degli stormi di uccelli o del movimento delle folle in situazioni di emergenza. I nostri risultati suggeriscono che, sorprendentemente, quando una particolare proteina è presente in modo superiore al dovuto, questo meccanismo geometrico agisce in modo molto efficiente favorendo moti cellulari collettivi.”
Simulazione di motilità cellulare collettiva realizzata con modello geometrico: nelle cellule in cui è espressa la proteina RAB5A aumentano la tensione intercellulare, la direzionalita e il coordinamento
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Su questa proteina, RAB5A, che è un regolatore essenziale del processo di endocitosi preposto all’introduzione di sostanze all’interno della cellula, i ricercatori di IFOM hanno fatto in parallelo delle indagini a livello cellulare per riprodurre l'alterazione tipica dei tumori. I biologi hanno ingegnerizzato cellule di ghiandola mammaria in modo da elevare il livello di questa proteina, che è tipicamente molto espressa nei tumori più aggressivi della mammella. Sorprendentemente, questa semplice manipolazione è stata sufficiente a “risvegliare” la motilità di una popolazione cellulare andata incontro a solidificazione e a permettere l’acquisizione di movimenti collettivi fluidi e scorrevoli. Applicando tecniche di analisi proprie dei materiali inerti nonché sensori fluorescenti alle cellule in cui è espresso RAB5A è stato inoltre monitorato in tempo reale sia il movimento collettivo che il cambiamento di forma cellullare. Combinando, infine, specifici sensori dell’interazione tra una cellula e l’altra e tecniche di micro-fabbricazione è stato possibile misurare in diretta durante l’acquisizione di moti collettivi le forze esercitate nel gruppo per muoversi efficientemente in modo coordinato nella stessa direzione.
Impatto della proteina RAB5A sulla organizzazione delle giunzioni tra cellule: Immagini di microscopia elettronica di un tessuto solido (a destra) che mostra interazioni tra una cellula ed un altra (evidenziate nell’imagine ingrandita sotto dale frecce blue) lasse. Al contrario, tessuti diventati fluidi a causa dell’espressione della proteina RAB5A (a sinistra) presentano giunzioni cellulari compatte e ravvicinate (indicate dale frecce rosse). In questo modo il movimento cellulare diventa collettivo, coordinato e le cellule a destra scorrono come correnti in un fiume.
“Con tecnologie di microscopia ottica ed elettronica - Illustra Scita - abbiamo potuto osservare sorprendentemente che un tessuto che dal punto di vista cinetico era silente e immobile, si sveglia in modo da generare nella massa cellulare delle correnti vorticose, rendendo il moto cellulare di nuovo fluido e scorrevole ma allo stesso tempo coordinato.” Si tratta dello stesso meccanismo che può verificarsi in una massa tumorale quando origina metastasi: pur essendo iperproliferante, e pertanto solida, questa può acquisire modalità fluide di movimento nel corso del suo sviluppo, per esempio se si altera uno dei regolatori dell’endocitosi come quello che abbiamo identificato, RAB5A. Se un tessuto è più fluido riuscirà a passare in spazi interstiziali con più efficienza. E’ quello che può avvenire in tumori: più fluidi sono, più metastatizzano.” E’ il primo passo – conclude Scita - per definire strategie al fine di interferire con questo processo ed in ultima analisi cercare di controllare la capacita di disseminazione di tumori. I prossimi passi sperimentali saranno nella direzione di validare i meccanismi identificati in sistemi complessi in tre dimensioni, per mimare in maniera più fedele possibile la crescita e la capacita invasiva di tumori solidi e individuare quindi i fattori molecolari che regolano modalità di migrazione collettiva e dimostrare la possibilità di utilizzarli come nuovi target diagnostici o terapeutici”.
I risultati di questa ricerca non sarebbero stati possibili senza il sostegno fondamentale di AIRC, l’Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro, dell’European Research Council e del MIUR.
GIORGIO SCITA - Biologo cellulare esperto delle dinamiche di movimento delle cellule, Giorgio Scita dirige all'IFOM dal 2001 l'unità di ricerca Meccanismi di ricerca delle cellule tumorali e dal 2006 è Professore Associato di Patologia Generale presso la Facoltà di Medicina dell'Università degli Studi di Milano. Allo scienziato sono legati diversi studi che approfondiscono la conoscenza dei meccanismi attraverso i quali una cellula percepisce il mondo esterno e ne traduce i segnali, in risposta ai quali modifica il proprio comportamento, soprattutto quello migratorio. In particolare, a lui si deve la scoperta che ha messo in luce la fondamentale connessione tra la capacità delle cellule tumorali di muoversi, anche con modalità differenti, e un processo cellulare, l'endocitosi, tradizionalmente considerato attivo in tutt'altri eventi cellulari. Autore di oltre 100 pubblicazioni, Scita è tra gli scienziati italiani più produttivi e citati. Vincitore del prestigioso grant advanced ERC (2011) nel 2014 è stato nominato membro dell’EMBO, la prestigiosa Organizzazione Europea per la Biologia Molecolare.
ROBERTO CERBINO - Professore Associato di Fisica Medica e Fisica Applicata presso il Dipartimento di Biotecnologie Mediche e Medicina Traslazionale dell’Università degli Studi di Milano. Il suo gruppo di ricerca svolge attività sperimentale volta alla caratterizzazione ottica di materiali soffici, con particolare attenzione a sistemi biologici. Autore di oltre cinquanta pubblicazioni, collabora attivamente con partner industriali, ha partecipato all’esperimento spaziale GRADFLEX della European Space Agency ed è cofondatore dello spinoff ProXentia.
TESTATA: Nature Materials
DATA DI PUBBLICAZIONE: 30 gennaio 2017
TITOLO: Endocytic reawakening of motility in jammed epithelia
AUTORI: Chiara Malinverno, Salvatore Corallino, Fabio Giavazzi, Martin Bergert, Qingsen Li,Marco Leoni, Andrea Disanza, Emanuela Frittoli, Amanda Oldani, Emanuele Martini, Tobias Lendenmann, Gianluca Deflorian, Galina V. Beznoussenko, , Dimos Poulikakos, Kok Haur Ong, Marina Uroz, Xavier Trepat, Dario Parazzoli, Paolo Maiuri, Weimiao Yu, Aldo Ferrari, Roberto Cerbino, and Giorgio Scita
DOI: 10.1038/NMAT4848
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