COMUNICATO STAMPA
Con la biopsia liquida i trattamenti del tumore al colon dopo la chirurgia potrebbero diventare più precisi e mirati: lo dicono i primi risultati dello studio PEGASUS presentati a ESMO 2023
Dopo la rimozione chirurgica del tumore primario, in circa un terzo dei pazienti con cancro del colon di stadio II ad alto rischio e III permane una malattia micro-metastatica radiologicamente invisibile ma diagnosticabile con la biopsia liquida. È questa una nuova tecnologia in grado di determinare se DNA del tumore è presente nel sangue dei pazienti. L’esame si può ripetere nel tempo e può aiutare i medici a scegliere la terapia più adatta e mirata al singolo tumore e individuo. Questi risultati sono emersi nell’ambito di PEGASUS, lo studio clinico coordinato da IFOM, l’Istituto Fondazione di Oncologia Molecolare ETS di Milano. I dati sono stati presentati oggi a Madrid al Congresso annuale dell’European Society of Medical Oncology (ESMO). I dati ottenuti suggeriscono anche che, nei pazienti con biopsia liquida negativa, è possibile optare per una terapia meno intensa, riducendo così la tossicità senza compromettere l’efficacia. Con questi risultati, lo studio PEGASUS segna un importante passo avanti per potenziare l’oncologia di precisione nella cura dei tumori del colon.
Madrid, lunedì 23 ottobre 2023 – Sono stati presentati oggi all’ESMO i primi risultati di PEGASUS, lo studio clinico promosso da IFOM-ETS e sostenuto da Fondazione AIRC. Obiettivo dello studio era dimostrare che la biopsia liquida può essere utilizzata per scegliere terapie più precise e mirate dopo la rimozione chirurgica del cancro nei pazienti affetti da carcinoma del colon operabile di stadio II ad alto rischio e III, massimizzando l’efficacia della chemioterapia e minimizzandone gli effetti collaterali.
Il problema clinico. “Circa un terzo dei pazienti con tumori operabili del colon allo stadio III – spiega Silvia Marsoni di IFOM, ideatrice e coordinatrice dello studio PEGASUS – è a rischio di recidiva dopo la chirurgia a causa della presenza di micro-metastasi che purtroppo le tecniche radiologiche attuali non riescono a rilevare. Per prevenire le recidive, oggi pressoché tutti i pazienti sono sottoposti dopo l’intervento a chemioterapia adiuvante. Non avendo la medicina ancora a disposizione uno strumento adeguato per misurare la malattia micro-metastatica residua, non tutti i pazienti traggono beneficio da tale terapia adiuvante. Soprattutto vengono trattati anche pazienti che non ne avrebbero bisogno”.
L’approccio di PEGASUS. PEGASUS è uno dei primi studi prospettici di biopsia liquida, una nuova tecnologia capace di rilevare la presenza di DNA tumorale circolante (ctDNA) nel sangue dei pazienti dopo la chirurgia. Obiettivo dello studio è valutare la fattibilità di utilizzare questo metodo per seguire il decorso della malattia e guidare le scelte terapeutiche. “Lo studio PEGASUS prevede un trattamento di chemioterapia post-chirurgica differenziato in base ai risultati di una biopsia liquida fatta circa quattro settimane dopo l’asportazione chirurgica del tumore primario” spiega la responsabile clinica dello studio, Sara Lonardi, presso l’Istituto Oncologico Veneto IRCCS di Padova,. La dottoressa Lonardo, che ha oggi presentato i risultati di PEGASUS alla conferenza, continua a spiegare: “Con una biopsia liquida positiva, i pazienti ricevono una chemioterapia adiuvante standard, la stessa usata a oggi per il trattamento di tutti i tumori del colon di stadio II ad alto rischio e stadio III. Si tratta della cosiddetta CAPOX, un regime a base di capecitabina e oxaliplatino molto attivo contro il cancro del colon, ma che può dare tossicità neurologica acuta e cronica in una percentuale non piccola di casi. Con biopsia liquida negativa, invece, i pazienti ricevono una terapia più leggera che prevede la somministrazione della sola capecitabina a scopo cautelativo. L’analisi della biopsia liquida viene effettuata più volte nel corso del trattamento e successivamente durante il follow-up dei pazienti, come strumento per rivelare un’eventuale resistenza innata del tumore alla terapia, guidare la rimodulazione del regime chemioterapico e l’impiego di un trattamento più aggressivo a base di FOLFIRI”.
I dati Tra luglio 2020 e luglio 2022, nel pieno della pandemia COVID19, sono stati reclutati e inclusi nello studio PEGASUS 135 pazienti in cura in 11 centri oncologici in Italia e in Spagna. La biopsia liquida post-chirurgica è risultata positiva in 35 pazienti su 135 (26%), di cui 12 (34%) hanno avuto una recidiva, mentre solo nel 10% dei restanti 100 pazienti con biopsia liquida negativa, la malattia si è ripresentata. I dati sulla negativizzazione dei parametri di biopsia liquida durante e alla fine di tutti i trattamenti somministrati nell’ambito del protocollo, suggeriscono un’efficacia globale della terapia del 40% circa.
“Questi risultati – conclude Marsoni – dovranno ora essere confermati da quelli di diversi studi internazionali in corso che prevedono anche un confronto diretto con la terapia standard. Se saranno così validati, potranno contribuire, da un lato, a modificare le linee guida per il trattamento del cancro del colon operabile, riducendo o eliminando del tutto la terapia adiuvante nei pazienti con biopsia liquida negativa. Dall’altro lato potranno aiutare a scegliere in modo più preciso e mirato la terapia per il tipo di tumore e paziente, in caso di mancata risposta molecolare. PEGASUS non solo può dare un contributo importante a cambiare il paradigma attuale di una chemioterapia uguale per tutti rispetto al nuovo paradigma di una terapia più mirata e precisa, ma potrebbe permettere altresì di esplorare la biologia dei tumori micro-metastatici, quelli per i quali dobbiamo trovare nuove e più efficaci terapie”.
Chi c’è dietro PEGASUS Lo studio è stato progettato e condotto dal gruppo coordinato da Silvia Marsoni, responsabile dell’Unità di Oncologia di Precisione presso l’IFOM-ETS di Milano. È stato realizzato grazie al sostegno del programma di ricerca “5 per mille” di Fondazione AIRC coordinato da Alberto Bardelli, Direttore scientifico di IFOM. Lo studio ha visto la partecipazione di 11 centri di eccellenza oncologica sotto la supervisione scientifica di Salvatore Siena, del Dipartimento di Oncologia ed Emato-oncologia dell’Università degli Studi di Milano e Grande Ospedale Metropolitano Niguarda e di Josep Tabernero, Direttore del Vall d’Hebron Institute of Oncology di Barcellona. Lo studio è stato possibile anche grazie alla collaborazione incondizionata con l’azienda Guardant Health Inc. che ha fornito il test di biopsia liquida Guardant Reveal L1.2.
PEGASUS è stato uno sforzo corale che ha visto impegnati, con il coordinamento di Silvia Marsoni di IFOM, 11 gruppi di oncologia medica italiani e spagnoli, tra cui i gruppi di: Filippo Pietrantonio presso la Fondazione IRCCS Istituto Nazionale dei Tumori di Milano; Sara Lonardi presso l’Istituto Oncologico Veneto IRCCS; Andrés Cervantes presso l’Hospital Clinic Universitari de Valencia; Clara Montagut del Hospital del Mar di Barcellona; Andrea Sartore-Bianchi del Niguarda Cancer Center di Milano; Maria Giulia Zampino dell’Istituto Europeo di Oncologia IRCCS di Milano; Elena Élez del Vall d’Hebron Institute of Oncology di Barcellona; Cristina Santos Vivas dell’Institut Català d’Oncologia di Barcellona; Mario Mandalà dell’Università degli Studi di Perugia; Stefano Tamberi dell’AUSL della Romagna a Ravenna; Stefania Sciallero dell’Ospedale Policlinico San Martino IRCCS di Genova. Lo studio ha goduto anche del fondamentale contributo del gruppo di statistici medici guidato da Valter Torri dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri IRCCS.