Milano, 22 Luglio 2020 - Come si formano i nostri tessuti? E le nostre ghiandole? Le varie cellule che compongono i tessuti epiteliali, tra cui i tubuli renali, le vie digerenti e respiratorie, ma anche le ghiandole mammarie, si organizzano formando delle strutture tubulari, una serie di dotti ramificati all’interno dei quali avvengono processi fondamentali come la formazione dell’urina, la digestione del cibo, la formazione del latte.
Le cellule che rivestono questi “tubi viventi” sono organizzate sin dalla loro formazione in modo da generare una superficie “apicale” - quella rivolta verso l’interno del vaso - specializzata nel mantenere una stretta separazione tra il contenuto interno del dotto e il resto dell’organismo. “È necessario – spiega Scita – l’intervento di una serie di molecole che, come seguissero il disegno di un ‘architetto biologico’, si assemblano formando una struttura complessa. In tale processo le membrane plasmatiche cellulari modificano la propria forma, curvatura, tensione generando un lume, un’apertura che si espande fino a dare luogo alla struttura tubulare. Un fenomeno biologico emblematico di come alla forma si associ la funzione. E – prosegue Scita – ci siamo subito chiesti cosa succede se si altera questo connubio tra forma e funzione, ovvero: cosa succede se avviene qualche disfunzione nel nostro organismo che va a impattare sulla compattezza di queste strutture tubolari?”.
Ed è proprio alla ricerca delle leggi dell’architettura biologica e alle loro conseguenze sulla salute del nostro organismo che il gruppo guidato dal prof. Giorgio Scita (IFOM e Università di Milano), adiuvato da Andrea Disanza e Stefano Marchesi (IFOM), ha scoperto che la proteinaIRSp53 è un elemento essenziale per iniziale la formazione di lumi, vasi e tubuli. La proteina, ribattezzata dai ricercatori con il nome “Curvina”, è capace di ‘sentire’ le curve delle membrane e di plasmarne la forma. “È straordinario – racconta Andrea Disanza – poter osservare la struttura nanoscopica di questi lumi che è stata rilevata grazie a una tecnica che accoppia microscopia ottica con quella elettronica, per la prima volta applicata a questo processo biologico e messa a punto dalla Dr. Galina Beznusenko di IFOM, proprio per superare le barriere dell’invisibile.
Ed è così emerso – prosegue Disanza – il ruolo della Curvina che, come un tensore del tipo di quelli che troviamo nelle tende da campeggio, piega, conferisce una forma, e mantiene l’integrità delle membrane plasmatiche in modo da formare una superficie, una tensostruttura specializzata che permette appunto la formazione dei nostri tessuti ghiandolari”. “Non sorprende – aggiunge Marchesi – che la rimozione del gene che codifica per questa proteina in animali di laboratorio come pesci e topi, generi alterazioni strutturali, causi il collasso delle strutture tubulari dei reni, o a volte faciliti la formazione di strutture cistiche aberranti”.
Di fatto i risultati della ricerca condotta dai ricercatori IFOM con il generoso sostegno di Fondazione AIRC, pubblicati nelle pagine dell’autorevole rivista scientifica Nature Communications, segnano un passo significativo verso la comprensione delle leggi fondamentali dell’architettura biologica. Inoltre potrebbe avere importanti implicazioni anche per la comprensione di patologie, primo fra tutti i tumori, che inevitabilmente perdono l’organizzazione strutturale propria del tessuto da cui emergono, e con essa i “freni” che la stessa architettura tessutale impone proprio per constatare l’espansione delle cellule maligne e quindi le metastasi, tutt’oggi principale causa di fatalità per i pazienti. “La prossima sfida oncologica che ci apprestiamo ad affrontare – conclude Scita – è proprio l'individuazione del ruolo della Curvina nei processi metastatici e, quindi, in prospettiva l'identificazione di bersagli farmacologici per contrastare la sua disfunzione”.