Nonostante la pandemia da SarsCov2, lo studio ha raggiunto il suo target di almeno 90 soggetti arruolati, includendo ben 115 persone over 65 anni. Tali partecipanti sono stati classificati in base ai criteri della fragilità (Fried et al, 2001) come anziani “fragili”, “pre-fragili” o robusti sulla base della presenza di nessuno o più sintomi di fragilità. Complessivamente si tratta di una coorte a maggiore rappresentanza femminile (61%) con un’età media di 76.43 (±7.17) ed una scolarità media di 10.90 (±4.19). Considerando i fenotipi la maggior percentuale è rappresentata da soggetti “pre-fragili” seguita dai “robusti” ed infine dai “fragili”. (vedi fig.1). Ad una analisi più attenta, notiamo che nel rapporto tra fragilità e genere (vedi fig. 2) il sesso femminile sia svantaggiato e che nei confronti dell’età vi sia una relazione fra maggiore età e maggiore fragilità (vedi fig. 3) ricalcando quanto già noto nella letteratura scientifica. Riguardo al livello di scolarizzazione in funzione della fragilità i dati sono di non univoca interpretazione (vedi fig. 4) anche se si nota una maggior percentuale di bassa scolarizzazione nel fenotipo fragile. Inoltre, sebbene la fragilità non sia sinonimo di cronicità, tale condizione aumenta nel nostro campione, con il crescere del numero delle patologie associate (vedi fig.5). Durante lo studio i partecipanti hanno effettuato una serie di valutazioni specifiche per profilare la fragilità. Da queste valutazioni è emerso che i sintomi maggiormente rilevati tra i partecipanti allo studio nelle condizioni di fragilità sono la debolezza muscolare, seguita da affaticabilità, e inattività fisica (vedi fig.6). Nelle persone classificate come “fragili” le tre variabili sembrano avere il medesimo peso mentre nelle persone classificate come “pre-fragili” la debolezza muscolare sembra essere maggiormente rappresentata. Lo studio ha visto oltre all'indagine sulla proteina PREP1, possibile biomarcatore molecolare della fragilità, anche la raccolta di dati neuropsicologici sul funzionamento cognitivo, di dati strumentali sul grado di riserva motoria e cerebrale mediante risonanza magnetica ad alto campo e indagine ecografica muscolare.
Un terzo dei soggetti coinvolti nello studio su base volontaria ha partecipato inoltre a un’indagine sull’esperienza vissuta rispondendo ad un questionario creato ad hoc. È stato così possibile rilevare che:
Fig.7. Percentuali che illustrano le modalità privilegiate di accesso allo studio da parte dei partecipanti
I partecipanti sono venuti a conoscenza dello studio principalmente presso le strutture della Fondazione Don Gnocchi, mediante contatto diretto con gli operatori o mediante presa visione della locandina realizzata per promuovere il progetto (65%), ed in modo minore mediante passaparola (21%) e contenuti sui social (17%) (vedi fig.7) Solo il 33% dei soggetti aveva già sentito parlare della sindrome della fragilità (vedi fig.8) e grazie alla partecipazione allo studio molti partecipanti hanno potuto approfondire la tematica con un grado di soddisfazione elevato rispetto alle informazioni ricevute (vedi fig. 9).
Il grado di soddisfazione rispetto alla qualità e completezza delle spiegazioni ricevute sulle indagini dello studio è risultato elevato (vedi fig.10) cosi come il grado di conoscenza e competenza degli sperimentatori, giudicato adeguato e meritevole di fiducia (vedi fig.11). L’esperienza complessiva è stata vissuta come in linea con le aspettative nel 70% dei casi (vedi fig. 12) o lievemente migliore (vedi fig. 13)
Fig.10. Mediana riferita al livello di adeguatezza delle spiegazioni riguardanti le valutazioni dal punti di vista dei partecipanti
Fig.11. Mediana riferita al grado di professionalità e fiducia verso il livello di conoscenza e competenza degli esperti coinvolti nello studio.
La partecipazione al progetto è stata oggetto di discussione con parenti e amici per la maggior parte dei partecipanti (vedi fig.14) ed in alcuni casi, tale condivisione ha portato all’inserimento nel progetto di ulteriori partecipanti (21%, vedi fig.7).
L’importanza della tematica della fragilità nello studio dell’anziano (vedi fig. 15) e dello studio cui sono stati arruolati (vedi fig. 16) è stata considerata dagli intervistati come estremamente importante e utile
In conclusione possiamo dire che il coinvolgimento in questo studio delle persone anziane è stato partecipato, sentito e interessato a meglio comprendere la fragilità. I risultati saranno sia oggetto di pubblicazioni scientifiche ma anche accessibili a tutti gli interessati accendendo al sito del progetto (https://www.ifom.eu/bandoCariplo/) dove verranno periodicamente aggiornate le informazioni, appena disponibili.